mercoledì 9 marzo 2011

ROBERTO HERLITZKA- PER COSTA

INTERVISTA ESCLUSIVA A ROBERTO HERLITZKA SUL METOD0  MIMICO DI ORAZIO COSTA
 di Renzia D'Incà


inserita nel mio volume in via di pubblicazione

Roberto Herlitzka,  è considerato dalla critica  il miglior attore tragico italiano
Versatile, oggi notissimo   anche per ruoli di primo piano al cinema, attore formatosi al magistero di  Orazio Costa



-Ho incontrato Roberto Herlitzka nella sua casa romana in via Nera, 4 nel gennaio del 2008. Con lui la moglie, attrice, diplomata all'Accademia Silvio D'Amico-


Io non ho mai studiato il metodo mimico, perchè per l'appunto ho avuto Costa come insegnante al mio primo anno in Accademia d'arte drammatica “ Silvio D'Amico” , anno in cui Costa insegnava i primi rudimenti della mimica, ma lui a un certo punto partì per il Giappone (o l'India, non ricordo) e tornò quando io già ero al terzo anno. Comunque alcune lezioni con lui le ho svolte e conosco il modo in cui venivano svolte. Però io Costa l'ho seguito veramente con passione, mi affascinava come attore, prima di tutto, per le sue prestazioni interpretative mi hanno colpito subito, non le ho mai dimenticate, ho sempre cercato di poterle assimilare, credo di aver assorbito la lezione mimica in questo modo. Anche se mi rendo conto che è stato un pò come studiare il cinese studiando le parole, migliaia di parole da imparare a memoria, ecco, io la mimica, se mai l'ho imparata, l'ho imparata parola per parola.

Inoltre mi è capitato di aver visto lo stesso Orazio Costa rappresentarla in prima persona perchè ho partecipato molti anni fa a un bellissimo documentario girato da Maricla Boggio a Firenze sullo stesso regista, dove in particolare a un certo punto si vede Costa che parla delle nuvole e si trasforma lui stesso in una nuvola. Questo passaggiomimico gliel'ho visto realizzare veramente molte volte da attore, però ho sempre osservato il fenomeno come uno spettacolo meraviglioso senza mai propormi di essere anch'io a fare come lui, perchè come attore io procedo in maniera diversa, sono forse un pò più cerebrale ( cosa non vantaggiosa in questo mestiere, anzi) in ogni caso il mio modo di lavorare è più attento alla forma che alla sostanza nel senso che se attraverso la forma arrivo alla sostanza sono sicuro che arrivo a un certo risultato. Viceversa, Costa partiva dalla sostanza cioè da questa disposizione che lui stesso diceva che abbiamo a diventare le cose che ci interessano e che secondo lui nasce con noi, con la nostra infanzia e che lui aveva deciso di conservare e sviluppare in questo modo che continua a sembrarmi misterioso perchè io riesco a capire benissimo che si possa dire “luna” in molti modi, a seconda di una luna che tu ti immagini e che in qualche modo impersoni, ma che si possa applicare la mimica alla battuta (se non hai di quella battuta comunque una immagine molto precisa),sia molto difficile.

Peraltro ho visto lo spettacolo di Costa, che io continuo a considerare il più bello mai visto a teatro che è un Sogno di una notte di mezza estate al Valle con gli allievi dell'Accademia. Ricordo che c'era pochissima gente, abbiamo incontrato Paola Ojetti, traduttrice di Shakespeare e Ruggero Jacobbi e ci siamo detti: è straordinario. Questi ragazzi guidato da Costa, creavano con le loro azioni e con le loro parole tutta lo strordinario della natura che c'è nella Notte. Le scene erano create da dei quadri svedesi con un fondale astratto sui quali gli attori-personaggi quasi vivevano. Risulta che Peter Brook abbia fatta propria questa scenografia dopo aver visto il lavoro di Orazio. Trovo abbastanza triste che per dimostrare la grandezza di Costa si debba ricorrere al fatto che un famoso regista si è ispirato a lui per un suo lavoro. Ma questo è anche il limite del teatro, i messaggi del nuovo una volta chiuso il sipario sono vanificati a differenza delle opere che sopravvivono al pittore allo scrittore o al musicista. Soltanto la memoria può valere per il teatro ma anche la memoria finisce, con le persone. Il metodo mimico lo conosco più per averlo esercitato attraverso il mio lavoro di attore con lui. Perchè il metodo mimico si può spiegare: per esempio io lo posso evidenziare con un esempio di una banalità impressionante anche abbastanza esplicativo. Ricordo che Costa suggerì una specie di gioco che consisteva nel prendere delle persone partecipanti al lavoro che stavamo mettendo in scena, consisteva nello scegliere un nome che non apparteneva a nessuna delle persone coinvolte, nel far dire a qualcuno quel nome pensando a uno delle persone presenti. Ebbene, in questi casi il modo di dire il nome cambia per forza a seconda della persona a cui si sta pensando. Se io dico Enrico pensando a mia moglie oppure Enrico pensando ad un amico, se non mi sforzo di pronunciarlo nello stesso modo, di sicuro l'intonazione cambia. Questo per dire che quando si parla di qualcosa o qualcuno, in qualche modo si diventa quella persona, si assume la sua immagine. Questa è una semplificazione molto bassa ma molto chiara della mimica perchè per analogia, si dà il caso che io possa applicare questo processo anche a un personaggio o a una battuta o a una p singola arola.

Poiché il teatro consiste di battute e quindi di parole e una delle parole della battuta può effettivamente diventare qualcosa d'altro che non sia solo il segno vocale o scritto, l'esempio del gioco del nome è solo un piccolo esempio, un titolo-ci sarebbero tante diramazioni- ma basterebbe già questo piccolo esempio per far capire come la parola possa assumere la forma che corrisponde alla cosa. Da rilevare la differenza col mimo dove l'azione o la cosa prendono il posto della parola.

-Forse sarebbe il caso di utilizzare il termine mimesica al posto di mimica, secondo lei?



Mimesica mi sembra una parola troppo astrusa, preferirei che si parlasse di Mimica di Costa e si sapesse c di casa si parla

-Lei è un mimico naturale?

Io non so se sono un mimico naturale. Tra l'altro, se sono stato un mimico, lo sono stato nei suoi confronti cioè per me lui è stato l'albero che io volevo diventare tanto è vero che per anni io sono stato guardato con commiserazione da molti miei colleghi in quanto considerato imitatore sfegatato di Costa ed è anche vero. Io in effetti non avendo la strada della mimica come abito professionale artistico avevo soltanto il modello che imitavo superficialmente, mi affascinava il modo in cui diceva le parole, come le gestiva e siccome lavoravo con lui lo imitavo totalmente però imitandolo e anche sbagliando in qualche modo, sono entrato in una dimensione che non era solo esterna, c'è voluto molto tempo mi è costata molti errori che sconto ancora perchè l'insegnamento di Costa non era di quelli che tirano fuori quello che tu hai pensando a te, in realtà lui pensava non dico a se stesso ma al suo metodo, tirava fuori da te cose che lui aveva deciso che tu avevi dentro e se non le avevi ti costringeva a tirarle fuori lo stesso.

Era un maestro molto rischioso in questo senso perchè era un maestro di quelli che tendono- anche se mai lo avrebbe voluto e forse neanche ammesso- a fare degli allievi un pò delle copie di sè. Non era quello il suo scopo tanto è vero che chi è riuscito a usare il metodo nel modo migliore è diventato un attore molto originale però attraverso un cammino difficile e spesso tromentoso e si è meritato di uscire da questa specie di sopraffazione grazie anche a quella sopraffazione cioè a quella che lui ti obbligava.

Quali sono I lavori li lavori in cui avete collaborato?

Il San Francesco in televisione. Siccome mi chiedeva di fare delle cose di cui io non mi sentivo, per lo meno in modo plausibile, gli dissi: io non posso superarei miei limiti. Rispose, per conoscere i tuoi limiti li devi superare. Ed è verissimo però superandoli, sicuramente sbagli, ma almeno ti sei accorto qual'è il tuo limite e ti accorgi che il tuo limite può essere molto più in là di quello che pensavi. Ho fatto un sacco di ruoli con Costa. Il primo è stato Il giullare nella Grancesca da Rimini di D'Annunzio a Gardone appena diplomato. Poi sono andato al Piccolo di Milano con una parte nell'Enrico IV di Pirandello, eroBertoldo il servo sciocco. Poi un ruolo da protagonista nell'Anitra selvatica dove quasi tutti i critici hanno sparato a zero sia su Costa che su di me che avevo osato detronizzare qualche attore del Piccolo perchè Costa mi aveva imposto.

Poi ho fatto in televisione Il mistero che era un bellissimo spettacolo, uno dei suoi più belli che lui aveva anche messo in scena in teatro ed era una raccolta di lai di sacre medievali che era stata scritta da Silvio D'Amico e che lui aveva già messo in scena già molti anni prima e poi rimessa in scena con la compagnia I romei- ( Teatro Romeo di cui facevo parte anch'io non per lungo tempo perchè sono arrivato dopo) Ero uno uno dei tre Gesu Cristi. Poi fu la volta della Divina Commedia dove impersonavo Dante ( la moglie Tajoli, accanto a noi nell'intervista era Beatrice.In TV non l'hanno mai data tranne un pezzetto se non dentro un quiz. Poi ci fu Il poverello di Copeau penna parte di Francesco – Costa ne aveva già fatto in uno spettacolo pare sublime a San Miniato con la celebrata scena della predica agli uccelli coi frati che si trasformano in uccelli.

Poi La vita nuova di Dante a Santa Croce con gli allievi, le prediche di Savonarola a Spoleto nella chiesa di San'Eufemia, per me un gande successo

E poi purtroppo La vita è sogno ma quello è stato un equivoco, non poteva andare bene- ancora La dodicesima notte dove ero il giullare, altra esperienza importante ero ancora allievo, la letturadei 4 Vangeli, io quella di San Matteo. Ricordo anche un'Adelchi per la tv.

Linsomma ho frequentato molto Costa, ma non come molti dei nostri amici

Sono stato suo allievo e mi dichiaro tale. Non sono stato un allievo del metodo, ma peraltro Costa il metodo non è che lo dichiarasse quando realizzava una regia -a parte che gli attori non gliel'avrebbero permesso- ma lui lo usava per insegnare ma dentro di se , non certo alla maniera di Stanislawski.

-Lasciava molta liberta agli attori?-

-No- (ride) però ti proponeva una recitazione ,un modo di interpretare il personaggio, la dizione soprattutto del testo e del senso e poi succedeva che se non facevi così oppure lo facevi così ma male, lui arrivava a dimostrarti una parola e questo era un modo che usava costantemente nel suo lavoro in palcoscenico. Insisteva martellava straziava. Ricordo Tino Carraro che era Enrico IV ed era attore molto famoso , per riuscire a interpretare il personaggio come voleva Costa – era alla Fenice di Venezia alla prima, Tino accettò – o forse glielo chiese- che Costa stesse nella buca del suggeritore a suggerirgli non le parole ma le intonazioni e infatti ricordo benissimo quando ero in scena col mio giullare Costa nella buca. Uscirono critiche bellissime, dicevano che Carraro era l'unico in scenache si è liberato dalle pastoie della regia.( era esattamente il contrario)

Quando Costa è morto hanno scritto che era scomparso il maestro di Michele Placido, altrimenti forse non avrebbero potuto neanche stampare il pezzo. Costa ha commsso molti errori ma è stato cancellato. Io non compiango tanto quelli che lo hanno perso tanto quelli che non lo hanno conosciuto, perchè averlo perduto è stato un dolore ma non è stato un impoverimento perchè già avevamo preso molto da lui ma chi non l'ha conosaciuto ignora cose strordinarie. D'altronde lui si era così di natura, come quando in Accademia ha detto, prima che mi caccino me ne vado io. si era isolato dal resto del teatro. Negli ultimi tempi non accettava neanche più di suggerire le intonazioni ( già molto tempo prima aveva deciso di non firmarsi più come regista e quando ci chiese una lista di possibili variazioni fra le altre io scrissi anche despota)

L'ostracismo verso di lui è stato anche politico

Sì. Era cattolico praticante e la sinistra nel campo intellettuale dominava. Ma all'ostracismo aveva contribuito la chiesa stessa. La chiesa l'ha mollato mentre lui sperava anche in finanziamenti. Si è voluto arroccare in una posizione di allontanamento sempre di più dalle posizioni degli altri. In qualche modo lui era partito così, già dal Poverello, il suo primo spettacolo.eEa un lavoro che lui fece quando ancora era in Accademia e lo rivelò Era scritto dal suo maestro Silvio D'Amico ma Costa non lo voleva fare e Silvio lo aveva obbligato o. Costa voleva mettere in scena un lavoro non religioso. Lui col Poverello ha scoperto la sua identità fra arte e fede. Penso che un artista possa avere una ispirazione religiosa, Costa sosteneva che se Iacopone da Todi se non fosse nato in Italia sarebbe considerato uno dei più grandi poeti dell'occidente, cosa che è di fatto ma nessuno lo sostiene per via dell'ispirazione mistica- forse è così da noi per via della nostra rezione al papato. Anche nei quaderni credo ci siano scritte cose che potrebbero molto servire a conoscerlo, era una di quelle persone che ti possono cambiare la vita nel nostro lavoro di teatro. Chi fa teatro Costa non può ignorarlo. È stato deriso, il suo modo di fare e di essere si prestava, lo stesso Camilleri suo allievo affezionatissimo spesso faceva racconti da sbellicarsi su certi fatti che accadevano in Accademia.

Cosa pensa degli ex allievi e della trasmissione del metodo?

Il suo metodo lo insegnano persone come Fiorella D'angelo, Pino Manzari, la Mirella Bordono. Secondo me il metodo valeva se era lui a farlo valere. Il metodo è una fede, è credere a qualcosa che si è scoperto. Credo che tutti questi valentissimi suoi seguaci avendolo visto messo in pratica da lui pensino di poterlo insegnare. Ma più ti allontani dalla fonte più le regole diventano evanescenti, al contrario della omeopatia dove conta la diluizione. Vedere uno che dice nuvola e lo diventa, ci riusciva solo lui, può essere che anche loro ci riescano, non so io li ho visti. Tuttavia un conto è il metodo Stanislawski o il Teatro epico o Strasberg, che si affidano a regole molto evidenti e concrete. Sono di una immediatezza senza bisogno del genio che te la dimostra. Il metodo mimico comporta adesione assoluta totale a se stesso. Il Living in qualche modo invece predicava quacosa di analogo perchè per loro non esisteva la vita fuori della scena. Il metodo mimico non ti consente di essere usato in modo spicciolo, mentre il metodo epico sì, forse è questa la distinzione,. Puoi dire una battuta in modo estemporaneo perchè la vita te lo consente Il metodo mimico invece non lo puoi applicare in modo episodico, non puoi fare il personaggio usandolo per una battuta e poi il resto no. Questo rnde l'applicazione del metodo in teatro molto difficile.Quello che rendeva , il metodo di Costa diffficile da sopportare era una dedizione totale , costringeva l'allievoa diventare una specie di frate mimico.Io e il mio ex cognato Massimo Foschi quando Costa disse che voleva fondare una nuova compagnia dopo il fallimento del Teatro Romeo volevamo fuggire all'estero ( ride) eravamo un pò spaventati.

Costa era l'unico vero  e sicuro regista di avanguardia. Tant'è vero che i suoi  risultati erano sempre opinabili come sono  quelli dell'avanguardia che a volte vengono immediatamente accettati e a volte rifiutati e da lui non ci si poteva aspettare  che quello che faceva si appoggiasse a un suo modo. Certo un suo modo c'era, una sua ispirazione c'era, ma nell'attuazione  della cosa non  si poteva prevedere che cosa  avrebbe fatto. Si poteva prevedere volendo,  criticare ma volendolo invece  teorizzare, raccogliere nel suo quadro non ci ci si poteva riuscire, cosa che invece è alla base  del successo di moltissimi, perchè la gente spesso va a vedere l' artista perchè vuole  quello che da quell'artista ha avuto, che si  aspetta. l'artista invece  che non può che veramente essere se stesso   troppe volte non dà al pubblico ciò che il pubblico. Magari lo riconoscerà in futuro. Ma è destino di tanti artisti.  Che in teatro, poi, spariscono.

Nessun commento:

Posta un commento