sabato 26 marzo 2011

ALESSANDRA NICCOLINI-PER COSTA

Alessandra Niccolini  è stata allieva di Orazio Costa al MIM di Firenze. Danzatrice e coreografa, ha insegnato il Metodo mimico alla Scuola di Bari diretta da Pino Manzari e all'Accademia  d''arte drammatica Silvio D'Amico di Roma fino al 2002. Attualmente vive e lavora a Firenze come docente di mimica presso le scuole di teatro: Scuola nazionale comici Massimo Troisi e CDRC.


Riflessioni sull'attitudine mimesica
1996

Nell'ambito del complesso sistema conoscitivo umano, prendiamo in esame l'aspetto più strettamente corporeo; astraendolo ( idealmente e momentaneamente ) dal contesto, al fine di permettere alcune riflessioni. Gli studi sull'intelligenza artificiale insieme a quelli sulla neurologia, ci hanno evidenziato come il processo conoscitivo si basi essenzialmente su un sistema bio-elettro-chimico e dunque corporeo e come questo stia alla base della capacità di comprendere in quanto " prendere con ". L'apprendimento non consiste solamente nel prendere informazioni, ma, piuttosto, nel!'interagire con queste. Un computer apprende e non comprende. Comprendiamo tramite risposte che si sviluppano come interpretazione della realtà. Ad esempio traduciamo i segnali elettrici prodotti dai fotoni che colpiscono i fotoricettori in quel mondo straordinario che è la visione.

Quando l'uomo prende contatto con la realtà circostante, utilizza i trasduttori sensoriali , che formano gli organi di senso, i quali trasmettono il segnale d'ingresso ad un sistema complesso di connessioni, in grado di elaborare dei segnali d'uscita che passano attraverso i neuroni collegati ai muscoli (motoneuroni).

Ogni segnale d'entrata cambia il nostro stato fisico, trasformando la situazione precedente. Se osserviamo questo fenomeno da un punto di vista macroscopico , ovvero del comportamento complessivo delle risposte umane ad un primo livello di contatto, possiamo rilevare un'analogia tra il segnale d'ingresso e quello in uscita. Il cambiamento fisico provocato da un evento esterno è della stessa qualità del segnale ricevuto. Un segnale improvviso, produce una risposta improvvisa; un segnale debole, una risposta debole; uno complesso una complessa. Si potrebbe dire che un'azione produce una reazione della stessa qualità, fisicamente analogica.

Dunque, l'uomo, nel prendere contatto con un fenomeno esterno, è come se tendesse a trasformarsi fisicamente, in modo analogico, con il fenomeno stesso. Questa ipotesi trova riscontro ogni qualvolta reagiamo con immediatezza ad uno stimolo. Un suono teso, ci tende fisicamente, un suono delicato ci rilassa. E questo accade prima di qualsiasi elaborazione successiva del suono. Quello che mi interessa analizzare è questa prima ed immediata risposta prelogica. La risposta è talmente istintiva che dobbiamo fare uno sforzo a rilassarci in presenza di un suono teso e viceversa. Affinchè la reazione sia rovesciata devono essere intervenute altre implicazioni. E' del resto, vero che un comportamento contrario lo riconosciamo come anomalo. Se l'intervento improvviso di un suono non trovasse alcuna risposta fisica in una persona, saremmo tentati di pensare che questa persona abbia qualcosa che altera quel comportamento che noi riconosciamo appartenerci istintivamente. Anche reazioni più complesse, ed analizzate nell'ambito degli studi psicologici, sono spesso rivelatici di questo primo rapporto fisico. Trovandosi di fronte ad uno spazio che si apre davanti , sentiamo come se anche il nostro corpo si aprisse. Mentre se lo spazio si restringe sentiamo come se anche il nostro corpo si restringesse. Il senso di claustrofobia è molto probabile che s'instauri dopo che il corpo ha assunto fisicamente e analogicamente la costrizione. Come potremmo provarlo se prima il corpo non lo avesse esperito?

" Nihil in intellectu quid prius fuerit in sensu " (assioma delle filosofia scolastica).

" Lo sviluppo dell'encefalo si apre all'ambiente che in qualche modo prende il posto dei geni " (Jean Pierre Changeux, "L'uomo Neuronaie", 1983. Edito in Italia da Feltrinelli 1993.).

Osserviamo cadere un oggetto, lo seguiamo con lo sguardo e proviamo il senso della caduta (come se anche noi cadessimo), vediamo oscillare qualcosa e sentiamo oscillare anche le nostre viscere fino ad un senso di nausea. Il rapporto che s'instaura tra noi e l'oggetto che cade od oscilla è d'identità analogica, provocata da questa prima ed immediata risposta fisica.

" Il peso, la pressione, la resistenza sono parti della nostra quotidiana esperienza corporea, ed il nostro istinto mimetico ci spinge ad identificarci con il peso, la pressione e la resistenza visibili nelle forme esistenti." ( Goffrey Scott "Architecture of Humanisme" 1914. Edito in Italia dalla Dedalo Libri, Bari, 1978 ).

Questo comportamento si può più o meno manifestare visivamente, in base alla portata dell'evento, alle circostanze o alla necessità di agire la variazione fisica.

Vedendo un mare calmo che si distende davanti ai miei occhi, posso percepire il distendersi delle mie membra, senza manifestare questa mìa azione interna; oppure scegliere di esternarla e, ad esempio, distendermi o aprire le braccia. Vedendo un mare in tempesta posso percepire un movimento fisico interno e non mostrarlo, oppure lasciarlo agire e magari mettermi a correre. Un bambino lo farebbe spontaneamente, un adulto no.

" Seduta sulla spiaggia a Noordwijk, guardo la mia nipotina danzare davanti alle onde del mare... come se possedesse qualcosa dello stesso ritmo, qualcosa della stessa vita...danza perché davanti ai suoi occhi danzano le onde, perché danzano i venti e perché può cogliere il ritmo della danza in tutta la natura. " ( Isadora Duncan, Noordwijk Aan Zee, 26 agosto 1906 ).


La nipotina della Duncan agisce liberamente la variazione fisica analogica, scaturita dal contatto con il mare seguendo un istinto indiscutibilmente presente in tutta la prima infanzia. Si potrebbe dire che i bambini agiscono i sensoriale e passano come un gioco danzato da uno stato fisico ad un altro, suggerito da tutto ciò che incontrano.

" Traboccante di mimesi, il piccolo anthropos, in certo modo, diviene tutte le cose, al di fuori di ogni linguaggi* sociale. E' il gatto che ghermisce il topo, è il cavaliere che frusta il suo cavallo; è la locomotiva che trascina vagoni; è l'aereo che solca il ciclo." ( Marcel Jousse (1955) "Antropologia del Gesto" Gallimard, Parigi,1974. Edito in Italia dalle Edizioni Paoline, Roma, 1979).

Abbiamo tutti esperienza della facilità con cui un bambino apra le braccia e voli o trotterelli come un puledro.
 II movimento delle nuvole, del vento, dell'ondeggiare degli alberi, il volo degli uccelli, il fremere delle foglie
acquistano un significato particolare per le mie allieve che imparano ad osservare la qualità particolare di ogn
movimento... quante volte ritornando da questi studi e rientrando in aula hanno sentito uno stimolo irresistibile
ad esprimere con il loro corpo i movimenti che avevano appena osservato (Isadora Duncan,1914, "Lettere dalla Danza", edito in Italia dalla Casa Husher nel 1980 ).

Negli esempi finora citati la variazione fisica analogica può anche non essere agita visivamente; ma nel rapporto attivo con la realtà circostante, l'azione si rende necessaria e si manifesta come agire analogico.
Se ci immergiamo nel mare, dove l'acqua è profonda, non per nuotare, solo per stare con l'acqua nell'acqua, ci accorgiamo che il nostro corpo prende un'attitudine diversa, si muove diversamente, in un modo che è più simile all'acqua. Se entrassimo rigidi e pesanti come un sasso, come un sasso andremmo a fondo. Se, invece, vogliamo prendere un sasso la mano assumerà forma e consistenza da sasso; e se prendiamo un foglio, delicatezza e consistenza da foglio.

Ogni contatto "primo" tra noi e la realtà circostante avviene attraverso questa metamorfosi analogica e si potrebbe dire che crea l'accesso al processo conoscitivo.

"L'uomo conosce soltanto ciò che riceve dentro di sé e ciò che rigioca."

E' questo il meccanismo della conoscenza  attraverso i nostri gesti di rigioco; non potremo mai conoscere ciò che è del tutto fuori di noi. Possiamo conoscere soltanto ciò che abbiamo intussuscepzionato". ( Marcel Jousse, ibidem )

Questo processo conoscitivo che Jousse chiama intussuscepzione si manifesta con evidenza nel bambino come nel primitivo e in tutto ciò che di bambino e di primitivo rimane nell'adulto civilizzato.

I Tasmaniani, popolazione oggi scomparsa e giunta ad un livello di civilizzazione corrispondente a quello delle
civiltà primitive più avanzate, possedeva un rito magico del temporale: si rotolavano a terra e battevano il suolo con le mani. Essi imitavano con il loro corpo il lampo ed il tuono, provocandoli ex analogia , e, nello stesso tempo, l'energia da essi creata era trasmessa attraverso la loro tensione estatica alla terra e la soggiogava." (Curt Sachs,1933, "Storia della Danza" . Edito in Italia dal II Saggiatore, 1966).

Curi Sachs parla di ex-analogia, ma l'analogia risulta evidente. Rotolano come un tuono; e non è rotolante il
rimbombo di un tuono? Si gettano a terra così come si scarica a terra un fulmine. Certo è che cercano un contatto con il fenomeno per possederlo al fine di controllarlo. Se nella lotta per la sopravvivenza gli animali sono dotati di artigli, denti, veleni, l'uomo è dotato di questa curiosa attitudine.

" L'uomo si trasforma nelle sembianze di ogni carne, nel genio di ogni creatura, perché di natura varia,
multiforme e incostante".

Così Pico della Mirandola ci descrive nella sua "Orazione sulla Dignità dell'Uomo", fondando su questo la grande libertà dell'uomo".
Una delle tendenze spontanee che abbiamo è quella di scoprire sembianze umane in tutto ciò che ci circonda da oggetti ad animali, cioè il comportamento antropomorfico. Ma come può una realtà esterna all'uomo essere identificata con l'uomo, senza che quest'ultimo non si sia prima identificato con questa? Se riconosciamo il comportamento antropomorfico ammettiamo implicitamente anche quello metamorfico. Anzi l'antropomorfosi potrebbe essere considerata come la conseguenza inevitabile della metamorfosi.
Gli uomini sentono che è necessario immaginare se stessi tutt'uno con le forze che combattono e dalle quali essi sono separati imperfettamente, forse momentaneamente amiche, ma che possono volgersi in ostili." (Jack Lindsay, "Breve Storia della Cultura", Bramante Editore, Milano, 1965 ).
L'essere "tutt'uno con il tutto" per controllare una natura irrequieta e pericolosa era la tensione in cui viveva l'uomo dei primordi.
Come posso dominare una realtà esterna a me, nella stessa misura in cui domino me stesso, se questa non diventa me, ovvero io non divento questa ?
Ciò che fa essere una realtà altra da me è un fattore principalmente fisico; attraverso il contatto tendo all'eliminazione dell'interruzione fisica che intercorre tra me e l'oggetto, cercando una sorta di prolungamento del mio corpo in quell'oggetto.

 "Quando evoca i fenomeni della natura, quando con la magia crea l'uragano, la pioggia, il vento; il danzatore assume in genere caratteri sovrumani."( Curt Sachs, ibidem )

II fenomeno naturale urgeva un controllo, l'uomo ha attuato il suo prolungamento e, non potendo effettuare un contatto reale , ha eliminato la separazione fisica tra lui e il fenomeno, con un'invenzione che Sachs chiama magia. L'uomo primitivo ha inventato infiniti modi di essere in simbiosi con i pesi, le forme, le tensioni, i ritmi di ciò che voleva possedere ed ha inventato un corpo uragano, pioggia, fuoco, tigre.....
In questa attitudine umana si può evincere un primo momento in cui un segnale, una in-pressione (pressione da fuori a dentro ) interviene a creare un mutamento e un secondo momento in cui il mutamento, in quanto meta-morfosi (forma altra) si manifesta come risposta ex-press\a (che da dentro preme fuori).
La scoperta di un aspetto espressivo ci porta in un ambito artistico. Ma la condizione espressiva da sola non è sufficiente per l'atto artistico, se non comporta anche Tatto creativo, inteso come capacità inventiva. Se ben
guardiamo in questa risposta fisica analogica troviamo il momento inventivo, che altro non è se non l'invenzione del rapporto analogico tra il nostro corpo e l'oggetto, ed il modo con cui operiamo l'analogia.
L'analogia è l'invenzione, cioè la nostra istintiva "poiesis" intesa come fare creativo.
Quando aiutiamo una persona a prendere "confidenza" con l'acqua gli diamo suggerimenti fisici quali "non
irrigidirti" o "non tenderti", cioè la invitiamo a cercare un'attitudine fisica analoga all'acqua. Non gli diamo
indicazioni precise di come porsi del tipo "metti la testa a destra o il piede a sinistra", ovvero non gli risolviamo il compito. La persona dovrà inventarsi come porre il suo corpo nell'acqua, come adattarsi all'acqua. Inventerà il suo corpo-acqua. Così come nessuno ci mostra come predisporre una mano per prendere un oggetto, è soluzione che troviamo grazie alla nostra capacitò inventiva.
Questa modalità conoscitiva ci rivela un'attività espressiva e creativa, dunque artistica, promossa dalla straordinaria capacità del nostro corpo di interagire con il mondo circostante.
Un'intelligenza priva di un corpo, per quanto diligente nel risolvere problemi di matematica, non potrebbe
arricchire le nostre interazioni con il mondo esterno.... l'idea è di considerare seriamente l'apprendimento come associazioni di segnali in entrata con segnali in uscita...La barriera è l'inabilità dei sistemi sviluppati finora (sta parlando dell'intelligenza artificiale) di evolversi da soli, di imparare senza bisogno di essere interamente programmati." ( Tomaso Poggio, "L'Occhio e il Cervello", Theoria, Roma Napoli, 1991).
Stiamo, dunque, parlando di un'attitudine che è insieme conoscenza ed arte, intelligenza e creatività. Questo ci richiama alla mente quell'attitudine umana che Aristotele chiama "mimesis".

"Due cause appaiono in generale aver dato vita all'arte poetica, entrambe naturali: da una parte il fatto che la "mimesis" è connaturata agli uomini fin dalla puerizia (e in ciò l'uomo si differenzia dagli animali, nell'essere più portato alla "mimesis" e nel procurarsi per mezzo della " mimesis" le nozioni fondamentali ) dall'altra il fatto che tutti ne traggono piacere." ( Aristotele, "Poetica", traduzione di Diego Lanza per la Rizzoli ).

Aristotele usa il termine "mimesis" che Diego Lanza traduce imitazione (come traducono tutti ), ma nessuno fa riferimento ad una metatesi da" mim- in -im " e le origini etimologiche dei due termini pur risultando oscure non coincidono. Pertanto ho lasciato il termine greco. Parla anche di "poiesis" nell'accezione di fare creativo come indubbiamente è il fare del poeta. Dunque per Aristotele la" mimesis" genera la" poiesis". A questo punto è difficile dubitare che vi sia creazione nella" mimesis". A maggiore conferma c'è un passaggio successivo in cui afferma:

"Poiché dunque noi siamo naturalmente in possesso della capacità "mimesica", della musica e del ritmo,dapprincipio coloro che per natura erano più portati a questo genere di cose, con un processo graduale dalle improvvisazioni dettero vita alla poesia."

Parla di un processo graduale dalle improvvisazioni, dunque di un procedimento, un percorso; ed è il percorso che permette la creazione.
Facciamo l'ipotesi in cui ci trovassimo ad apprendere dei movimenti eseguiti da un'altra persona, in questa
circostanza non utilizzeremmo un percorso d'improvvisazione (non dovendo inventare nulla) cercheremmo solo di ripetere. Ora un atto di ripetizione, senza invenzione personale mi pare che non si possa chiamare mimesico in quanto privo di creazione. Trovo più appropriato il termine "imitazione" dal latino "imitari" da "imago" cioè immagine. La proposta è, pertanto, che un atto mimesico debba contenere un atto espressivo creativo, mentre quello imitativo debba contenere quello espressivo ma manchi di quello creativo. Se accettiamo questa proposta possiamo osservare che, quando ci relazioniamo con realtà molto distanti da noi dal punto di vista morfologico, come i fenomeni naturali, siamo costretti ad un procedimento analogico e dunque inventivo, dal momento che non possediamo la stessa struttura del fenomeno. Non possiamo imitare una nuvola, ripetere cioè "l'imago", non abbiamo nessuna similitudine morfologica per poterlo fare. Possiamo invece realizzare una mimesi della nuvola, inventandoci un modo nuvola di essere con il corpo, trovando una leggerezza da nuvola, un'impercettibilità del movimento della nuvola. Che la mimesi di cui parla Aristotele si riferisca anche ai fenomeni naturali lo capiamo dal fatto che prima di lui Piatone ne parlava già in questi termini:

" E non crederà forse che non ci sia cosa indegna di lui, si da mettersi con tutta serietà a praticare ogni sorta di "mimesi" davanti ad un grande pubblico, anche quelle che ora dicevamo, tuoni, rumori di venti, di grandine, di argani e di pulegge, suoni di trombe, di aulòi, di siringhe, e di ogni genere di strumenti, e poi latrati, belati e
versi di uccelli? e non si baserà tutto sulla "mimesi" nella voce come negli atti?" ( Platone, La Repubblica, Libro III, traduzione di Franco Sartori per Laterza.)


Quando parla di mimesi dei suoni degli strumenti musicali, si potrebbe pensare che imitassero con il corpo il
suonatore e con la voce il suono, e quando parla di versi degli animali sì suppone che con il corpo prendessero forma dell'animale e quando parla di tuoni e di venti non si può che dedurre che prendessero forma di tuono e di vento con il corpo come con la voce. In un passaggio precedente parla anche di "scrosciare di fiumi e di fragore di mari ". Non c'è dubbio che si possa parlare di mimesi in relazione ai fenomeni naturali.
In conclusione chiameremo, pertanto, mimesi , l'attitudine di cui abbiamo fin qui trattano riconoscendole al contempo una funzione cognitiva ed artistica.
Mi piace esprimere una sintesi di quanto detto in questi termini: l'attitudine mimesica è la chiave di accesso della comprensione. L'intelligenza è un'atto artistico e l'atto artistico è l'unico atto intelligente.




1) IN CHE SENSO LA MIMESI SI PONE COME PROCESSO ANALOGICO ?

Come capacita' di assumere con il corpo qualità' simili a quelle che riscontriamo nella realta' che incontriamo. Come quando la nostra mano trova una delicatezza per prendere un foglio o una consistenza nel prendere una pietra. Come quando il nostro corpo nell'immergersi nell'acqua trova un condizione di fluidità',

2) PERCHE' INTENDERE SEPARATAMENTE LA MIMESI DEL CORPO E DELLA VOCE ?

L'attitudine mimesica essendo un attività' organica umana non comporta separazione tra corpo e voce, tra corpo e mente, tra conoscenza ed arte; anzi propone il superamento di questa dicotomia attuata dalla nostra cultura.

Il recupero dell'attitudine mimesica in persone adulte, allontanate dalla consapevolezza di questa loro competenza da un educazione che ha creato la frattura, può' partire da questa frattura per ricomporre l'unita'. Credo pero' che questo comporti dei rischi quale quello di creare un'equivoco, che emerge proprio dal fatto che viene posta questa domanda.

3) CHE APPLICABILITÀ' HA IL METODO MIMESICO RISPETTO ALLA RECITAZIONE ?

Il metodo mimesico è una modalità' per il recupero
dell'attitudine mimesica, quindi non e' il metodo che si
applica alla recitazione, ma l'attitudine mimesica.

Credo che l'attitudine mimesica non sia uno strumento da
applicare alla recitazione, ma l'attitudine da cui nasce l'atto
"attoriale".

Un attore agisce mimesicamente anche se non ha recuperato
consapevolemente la sua mimesi con il metodo mimesico.

Un attore consapevole può' trarre il massimo dei frutti dalla
sua capacita' mimesica.

Se per applicazione si intende un uso strumentale e tecnico
allora si parla di recitazione in quanto mestiere all'interno
di un mercato e non di arte all'interno di una continua
ricerca. Al mestiere dell'attore la mimesi offre un contributo
come allenamento alle variabili espressive del corpo e della
voce. All'arte dell'attore come occasione di ripartire
dall' " uomo attore" per ripensare un modo diverso di intendere
l'atto attoriale e il suo teatro.

4) LA MIMESI COME METODO DI FORMAZIONE ITALIANO ?

Non ci sono  altri metodi italiani per la pedagogia dell'attore


CONSIDERAZIONI  ALLA COMPRENSIONE DELLA COMPETENZA MIMICA
Il PROCESSO RELAZIONALE DELLA PERCEZIONE



I recenti studi nell'ambito delle neuroscienze, delle scienze cognitive, dell'intelligenza artificiale e delle teorie evoluzionistiche, stanno sempre più evidenziando l'urgenza di ricomporre la dicotomia operata dal pensiero filosofico-scientifico tra cervello, mente, corpo, emozioni; ma l'idea che sia l'intero organismo a interagire con l'ambiente trova ancora scarso credito.

Tomaso Poggio (ricercatore per la Robot Motion presso il M.I.T) in "L'Occhio e il Cervello" pubblicato da Theoria nel 1991, afferma:

"Un'indiscussa assunzione di fondo della ricerca sull'Intelligenza Artificiale deve comunque essere che lo scopo dell'intelligenza è di arricchire le nostre interazioni con il mondo esterno e aumentarne il controllo".


Un'intelligenza priva di un corpo, per quanto diligente nel risolvere problemi di matematica, non potrebbe realizzare questo fine se non fosse in grado di percepire il mondo e di agire in esso. La robotica, lo studio di unire percezione ed azione, è dunque un'aggiunta cruciale all'Intelligenza Artificiale". Più avanti afferma inoltre: "Una chiave importante per capire l'intelligenza è l'apprendimento Un sistema in grado di migliorarsi attraverso l'apprendimento, attraverso l'esplorazione dell'ambiente si merita l'attributo di intelligente. La barrièra è l'inabilità dei sistemi sviluppati finora di evolversi da soli, di imparare senza bisogno di essere interamente programmati". Poggio ci evidenzia come la cognizione si basi sulle capacità di percepire, ricevere, elaborare, trasformarsi, evolversi e interagire con il mondo circostante; ovvero fruizioni fondanti dell'apprendimento, facoltà a sua volta fondante dell'intelligenza. Peraltro afferma che affinchè possa esistere un' intelligenza è necessario che esista un corpo.

Douglas R.HOFSTADTER, uno dei maggiori esponenti di Scienza Cognitiva e Informatica, in "Concetti Fluidi e Analogie Creative, pubblicato dall'Adelphi nel 1995, riconosce come indispensabile lo studio della percezione: "Spesso i ricercatori di Intelligenza Artificiale tentano di creare modelli di concetti ignorando la percezione. Ma si è visto come i processi percettivi costituiscano il cuore delle capacità cognitive umane.E' un errore separare i processi concettuali dal substrato percettivo su cui si fondano e si intrecciano".

QUALITÀ' DEL SUBSTRATO PERCETTIVO

Quando l'uomo prende contatto con la realtà circostante, utilizza i trasduttori sensoriali, i quali trasmettono gli impulsi in ingresso, ovvero l'informazione sensoriale grezza, ad un sistema complesso di connessioni che permettono, l'elaborazione della percezione a basso livello in percezione ad alto livello. La visione, ad esempio, prende le mosse dalle configurazioni bidimensionali che la luce produce sulla rètina e termina con una descrizione degli oggetti in termini di forma, colore, consistenza, grandezza, distanza, movimento....

Antonio R. Damasio in "L'errore di Cartesio" pubblicato da Adelphi nel 1995, ci offre una descrizione accurata: "Quando vediamo, udiamo, tocchiamo, gustiamo, annusiamo, all'interazione con l'ambiente partecipano il corpo e il cervello".Immaginate di contemplare uno dei vostri paesaggi preferiti: entra in gioco ben più che la rètina o le cortecce visive del cervello. Si potrebbe dire che, mentre la cornea è passiva, il cristallo e l'iride non solo lasciano passare la luce ma correggono la propria forma e dimensione reagendo alla scena che gli si apre davanti. Successivamente, i segnali riguardanti il paesaggio vengono elaborati all'interno
del cervello. Via via che le rappresentazioni disposizionali di diverse aree cerebrali attivano internamente la conoscenza di quel paesaggio, il resto del corpo partecipa al processo. Alla fine quando del paesaggio visto si è formato un ricordo, questo sarà una registrazione neurale di molti dei cambiamenti dell'organismo: alcuni hanno luogo nel cervello stesso altri hanno luogo nel corpo".

Questo processo profondamente complesso evidenzia che la modalità con cui noi riceviamo segnali
esterni contiene una elaborazione e trasformazione sia dell'organismo che del segnale.
Infatti la risposta finale di una visione non sarà mai espressa in questi termini: "Ho ricevuto un tot
numero di fotoni dal cristallino e dall'iride dell'occhio sinistro" ma piuttosto diremo: "Ho visto un
magnifico paesaggio".
Il segnale in entrata non rimane identico a se stesso perché nel riceverlo il nostro corpo cambia si
trasforma e trasforma a sua volta il segnale. Potremmo dire che la nostra visione è una
rappresentazione, un'interpretazione. Damasio si esprime in questi termini: "Percepire l'ambiente
non può ridursi al cervello che riceve segnali diretti da un certo stimolo, tanto meno al cervello che
riceve figure dirette. L'organismo si modifica attivamente; il corpo non è passivo. Percepire è tanto
ricevere segnali dall'ambiente quanto agire su esso. Gli eventi mentali sono il risultato dell'attività
che si svolge nei neuroni del cervello; ma vi è una storia precedente e indispensabile che essi
devono narrare: la storia del disegno e del funzionamento del corpo".
Dunque potremmo dire che per attivare la percezione dobbiamo modificare attivamente l'organismo
nel suo complesso. La qualità della materia di cui siamo fatti ci offre questa competenza che
nessuna macchina ancora può eguagliare, ovvero la capacità di con-prendere anziché prendere le
informazioni. Un computer, infatti, è in grado di prendere informazioni, ma non di comprenderle.
La ricezione da parte di un computer non comporta un cambiamento nella materia di cui è fatto. Il
computer non varia con il variare delle informazioni ricevute e per questo non trasforma le
informazioni, non interpreta i dati, non si evolve e non interagisce con la realtà.
Alla base di questa impotenza c'è la materia di cui è fatto, così come alla base della nostra
competenza cfè la qualità della materia di cui siamo fatti.
E' in corso la realizzazione di computers organici che sfruttino il DNA umano. Questo sviluppo
della ricerca conferma il valore nodale della qualità ricettiva della materia.
Potremmo definire plastica la qualità della nostra ricezione in quanto plastica la materia impegnata
alla ricezione ed elaborazione dei segnali provenienti dal mondo esterno, e questa qualità è la stessa
nel corpo come nel cervello.
Da questo ed altri punti di vista è fuorviante proseguire nella definizione separata di funzioni
correlate interdipendenti che vanno considerate come un unico organismo vivente composto della
stessa materia in evoluzione.


LA RELAZIONE NELLA PERCEZIONE

Non era questa la finalità dell' intelligenza di cui parlava Poggio? E, molto probabilmente, è ciò verso cui ha portato l'evoluzione.

Damasio ipotizza:

"Lo sviluppo di una mente, che in realtà significa sviluppo di rappresentazioni della quali si possa acquisire coscienza come immagini, offrì agli organismi un nuovo modo di adattarsi alle circostanze ambientali che non si sarebbe potuto prevedere nel genoma. E' probabile che la base di tale adattabilità abbia avuto inizio con la costruzione di immagini del corpo in funzione, cioè immagini del corpo che risponde all'ambiente esternamente e internamente. Se il cervello si è evoluto in primo luogo per assicurare la sopravvivenza del corpo, allora quando comparvero cervelli dotati di mente essi cominciarono col rpor mente al corpo'. E per tutelare la sopravvivenza del corpo con la più grande efficacia possibile, la natura- io credo - s'imbattè in una soluzione molto potente: rappresentare il mondo esterno in termini di modificazioni che esso provoca nel corpo, cioè rappresentare l'ambiente modificando le rappresentazioni primoridali del corpo ogni volta che si ha un'interazione tra organismo e ambiente".

Potremmo, in conclusione definire la relazione della percezione del mondo esterno come una rappresentazione organica dell'organismo nel suo complesso, ovvero la rappresentazione il processo relazionale della percezione come processo fondante della cognizione.



DOCUMENTI gentilmente concessi da Alessandra Niccolini

BRANI TRATTI DA "STORIA DELLA DANZA" DI CURT  SACHS
TEMI E MODULI COREUTICI / DANZA IMITATIVA


GLI INDIVIDUI SENSITIVI DEL TIPO DEI CHAMACOCO NON SONO SPINTI DALLA VOLONTÀ', MA DA NECESSITA' QUANDO RISPONDONO A UN DETERMINATO STIMOLO CON UN ATTO MIMICO: UN ESPLORATORE NARRA CHE QUANDO I MARUTSE DEL SUDAFRICA DURANTE UNA MARCIA INTONANO UN CANTO DI BARCAIOLI, SI METTONO A PARE INVOLONTARIAMENTE I MOVIMENTI DEI REMI. DANZE DI IMITAZIONE ANIMALE.

TRA QUANTO PUÒ' ESSERE IMITATO, L'ANIMALE DEVE ESSERE PER IL DANZATORE UN MODELLO D'INTERESSE UNICO: SEMPRE IN MOTO IN CERCA DI NUTRIMENTO, ALL'ATTACCO O IN FUGA, E CONTINUAMENTE DIVERSO NEI SUOI MOVIMENTI, TANTO VICINO E NEL CONTEMPO TANTO DIVERSO DALLE MOVENZE DEGLI UOMINI DA AFFASCINARLI E ATTRARLI OGNI VOLTA DI NUOVO.

MOLTE TRIBÙ' SONO CONVINTE DI AVER IMPARATO LA DANZA DAGLI ANIMALI, DALL'ORSO, DAL CERVO, DALL'AQUILA, DAL TACCHINO. E HANNO TRATTO PROFITTO DA QUESTO INSEGNAMENTO; CONOSCITORI DI POPOLI PRIMITIVI, SPECIALMENTE DEI PIGMEI DELL'AFRICA, AMMIRANO LE FACOLTÀ' DI OSSERVAZIONE E DI RAPPRESENTAZIONE QUASI INCONCEPIBILI IN INDIVIDUI APPARTENENTI A UN LIVELLO DI CIVILTÀ' PALEOLITICA, ESSI SANNO IMITARE ALLA PERFEZIONE NON SOLAMENTE I MOVIMENTI DEGLI ANIMALI CHE SONO LORO FAMILIARI, MA ANCHE LE ORME DEI LORO PASSI.

DANZA DELLA FARFALLA, DELLA VERGINE DEL VILLAGGIO,NELL'ISOLA DI SAMOA: ECCO LA DANZATRICE CADERE SULLE GINOCCHIA, SALTARE, PRENDERE LO SLANCIO E DIBATTERSI QUASI FOSSE UNA FARFALLA,
FINCHE: si RANNICCHIA PIEGANDO LE GINOCCHIA E GIRANDO su SESTESSA. LA DANZA DELLA FANCIULLA DI SAMOA VIENE ESEGUITA COMUNEMENTE DA TUTTI I DANZATORI GIAPPONESI. ANCH'ESSI ASSUMONO ORA LA PARTE DELLA FARFALLA, VOLPEGGIANDO CON LEGGEREZZA, ORA QUELLA DI RAPITI CONTEMPLATORI E DI CACCIATORI, CHE CERCANO INVANO DI AFFERRARE LA LORO PREDA.

DANZA DELL'ACCOPPIAMENTO DEGLI UROGALLI : NEL NACHSTEIGEN DELLO SCHUHPLATTLER, IL GIOVANE NON ESEGUE SEMPLICEMENTE UNA DANZA CON LA SUA RAGAZZA, MA FACENDOLE LA CORTE, SCHIOCCANDO LA LINGUA, BISBIGLIANDO E BATTENDO LE MANI, LE SALTA DIETRO O ACCANTO, BATTE I PIEDI A TERRA E FA UN PAIO DI SALTI OPPURE UNA CAPRIOLA. INFINE A BRACCIA ALLARGATE O PENZOLONI SI PRECIPITA VERSO LA FANCIULLA O SALTA IMPROVVISAMENTE COME SPICCANDO IL VOLO VERSO DI LEI, DOPO AVER BATTUTO CON VIOLENZA UNA O TUTTE E DUE LE MANI AL SUOLO.

DANZA DELLA FOCA DEGLI YAHGAN DELLA TERRA DEL FUOCO: GLI UOMINI ACCOCCOLATI SI DONDOLANO, ANNUSANO A DESTRA F A SINISTRA, SI GRATTANO IL PETTO E SOTTO LE BRACCIA E GRUGNISCONO.
I BOSCIMANI DEL KALAHARI DANZANDO FANNO UN'IMITAZIONE INSUPERABILE DEI SALTI COMICISSIMI COMPIUTI DALL'ANTILOPE DAVANTI ALLA FEMMINA E I-PAPUA IMITANO LA CORTE D'AMORE DI DUE UCCELLI,


L'ACCOPPIAMENTO NON E' IL SOLO TEMA, FANNO PARTE DELLA DANZA INNUMEREVOLI ALTRI FATTI DELLA VITA DEGLI ANIMALI: LE LOTTE, L'IRRUZIONE DELLA TIGRE NELL'OVILE CHIUSO, LA TARTARUGA QUANDO DEPONE LE UOVA, IL PICCOLO CALAO NUTRITO DAI CALAO ADULTI, I PICCHI O LE SCIMMIE QUANDO SI ARRAMPICANO SUI TRONCHI DEGLI ALBERI.

ALL'ORIGINE DI QUESTE DANZE NON C'È' MAI IL DESIDERIO DI DARE SPETTACOLO.

NELL'EUROPA PALEOLITICA NELLO STILE FRANCO/CANTABRICO UN RINVENIMENTO FATTO NELLA CAVERNA TUC D'AUDUBERT NEL DIPARTIMENTO FRANCESE DI ARIEGE: SUL SUOLO VI SONO TRACCE FORMANTI UN CIRCOLO DI TALLONI APPARTENENTI, SI RITIENE, A GIOVANI FANCIULLE, CINQUE TRACCE, LASCIANDO IL CIRCOLO, CONDUCONO A DUE FALLI DI ARGILLA, E SULLE PARETI SONO RAFFIGURATI BISONTI NELL'ATTO DI SLANCIARSI. COSI' UN CASO FORTUNATO CI HA FATTO CONOSCERE UNA DANZA DI INIZIAZIONE, NELLA QUALE I NOVIZI, ABBANDONANDO I NORMALI MOVIMENTI UMANI, IMITANO L'ORMA DEL BISONTE, APPOGGIANDO A TERRA SOLO IL TALLONE. ALTRI ESEMPI DI DANZA ANIMALE GLI ABBIAMO NELL'AUSTRALIA DEL NORD CON LA DANZA DELLA TARTARUGA QUANDO DISPONE LE UOVA, PRESSO GLI ATXUABO DELL'AFRICA ORIENTALE, LA DANZA DELLA CAVALLETTA PER LA CERIMONIA DI INIZIAZIONE DELLE FANCIULLE, E PRESSO I DINKDA DELLA VALLE DEL NILO LA DANZA DEI BUOI. INFINE LA DANZA ANIMALE RIGUARDANTE L'INFANZIA, CHE SOPRAVVIVE ANCORA AI NOSTRI GIORNI IN EUROPA, NEL GIROTONDO DELLA MARMOTTA, DEL LEPROTTO NEL FOSSO, DEL LUPO E DELLE OCHE, DEL GATTO E DEL TOPO. IL MODELLO DI QUEST'ULTIMO GIROTONDO LO TROVIAMO NELLA DANZA DELLO SPIRITO DEL PICCOLO CONIGLIO DEI SIPAYA NEL BRASILE SETTENTRIONALE. NON DIMENTICHIAMO POI DANZE COME IL GIROTONDO DELLA VOLPE, L'ACERIDANZA BASCA, E CHE ANCHE IL FOX TROT E' STATA UNA DANZA ANIMALE.

QUESTI ESEMPI SONO SUFFICIENTI A COMPRENDERE COME LA DANZA ANIMALE PORTI IN SE' IL DESTINO DI UNA CONTINUA SNATURALIZZAZIONE. LA NECESSITA' DI STABILIZZARE I MOVIMENTI IN UNA DANZA ORDINATA E DI PRIVARLI DI OGNI CARATTERE REALE PORTA SEMPRE PIÙ' A TOGLIERE NATURALEZZA AGLI ATTEGGIAMENTI. IL MODO DI MUOVERSI DELL'ANITRA SI TRASFORMA FACILMENTE IN UN SEMPLICE PASSO IN POSIZIONE ACCOCCOLATA; IL BIZZAÙRO ANDIRIVIENI DEL RAMPICANTE SI MUTA IN SALTI REGOLARI ALTERNATI A DESTRA E A SINISTRA;IL MODO DI SCUOTERE LA TESTA DEL TACCHINO, DIVENTA UN MOVIMENTO RITMICO DEL COLLO ALL'INDIETRO, IL RASPARE DELLE GALLINE UN COMUNE STRASCICARE DI PIEDI. A CIO' SI AGGIUNGE L'INFILTRARSI DELLA DANZA ANIMALE NEL CERIMONIALE DELLE FESTE

PIÙ' DIVERGE, SPECIALMENTE NEI RITI DI FERTILITÀ' DI OGNI GENERE. QUI LA DANZA ANIMALE PERDE LE SUE CARATTERISTICHE AL PUNTO DA RENDERE TALVOLTA DIFFICILE GIUSTIFICARE IL NOME ANIMALE CHE PORTA.


NELLA DANZA ANIMALE VI SONO GLI STESSI RAPPORTI E PROBLEMI CHE TROVIAMO NELLA STORIA DEGLI ELEMENTI DECORATIVI: SI TRATTA DI ASTRAZIONE E DI GEOMETRIZZAZIONE DI UN MOTIVO ANIMALE OPPURE DI UNA ZOOMORFIZAZIONE DI UN MOTIVO ASTRATTO E GEOMETRICO? ANCHE QUESTI PROBLEMI APPARTENGONO A QUELLI CHE NON POSSONO AVERE UNA RISPOSTA IN ALCUN MODO SICURA-/ DANZE DI FERTILITÀ'.

I TASMANIANI,POPOLAZIONE OGGI SCOMPARSA E GIUNTA A UN LIVELLO DI CIVILIZZAZIONE CORRISPONDENTE A QUELLO DELLE CIVILTÀ' PRIMITIVE PIÙ' AVANZATE, POSSEDEVA UN RITO MAGICO DEL TEMPORALE MOLTO COMPRENSIBILE: SI GETTAVANO A TERRA,SI ROTOLAVANO E BATTEVANO IL SUOLO CON LE MANI E CON I PIEDI. ESSI IMITAVANO CON IL LORO CORPO IL LAMPO E IL TUONO, PROVOCANDOLI EX ANALOGIA, E NELLO STESSO TEMPO L'ENERGIA DA LORO CREATA ERA TRASMESSA ATTRAVERSO LA LORO TENSIONE ESTATICA ALLA TERRA E LA SOGGIOGAVA.

PER IMITARE IL VENTO NELLE LORO DANZE GLI ARANDA, POPOLAZIONE TOTEMICA PURA DELL'AUSTRALIA CENTRALE, AGITANO RITMICAMENTE DEI RAMI DI CAUCCIÙ'. SU UNA PITTURA PARIETALE EGIZIA, RISALENTE ALLA DODICESIMA DINASTIA (1900 a.C.) DEL REGNO MEDIO, A BENI HASSAN, NELL'ALTO EGITTO, TRE DANZATRICI ESEGUONO UNA PANTOMIMA, INTITOLATA, IN GEROGLIFICI, IL VENTO. UNA DELLE DANZATRICI, IN PIEDI, SEMBRA PASSARE IL BRACCIO TESO SULLA CIMA DEGLI ALBERI, LA SECONDA SI CURVA SOTTO QUESTO BRACCIO, COME FAREBBE UNA PALMA, LA TERZA COME UNA CANNA FLESSIBILE SI PIEGA A PONTE. ECCO UN RITO MAGICO DEL TEMPORALE IN UNA FORMA IN CUI L'ARTE DOMINA SENZA CHE LA MAGIA OPERI, MA CHE HA SENZ'ALTRO COME PRECEDENTE UNA VERA E PROPRIA AZIONE MAGICA. FATTO SINGOLARE  CHE, QUASI QUATTROMILA ANNI PIÙ' TARDI, VERSO IL 1849/50, DURANTE UNA SUA VISITA IN EGITTO, GUSTAV FLAUBERT COSI' SCRIVEVA A LOUIS BAULHET A PROPOSITO DI DANZATORI TRAVESTITI DA DONNA: "A VOLTE ESSI SI ROVESCIANO A TERRA SUL DORSO, COME UNA DONNA CHE GIACE DISTESA, E SI ALZANO CON UN MOVIMENTO  DELLE RENI COME UN ALBERO CHE SI RADDRIZZA DOPO CHE IL VENTO E' PASSATO".

QUANDO EVOCA I FENOMENI BENEFICI DELLA NATURA, QUANDO CON LA MAGIA CREA L'URAGANO, LA PIOGGIA E IL VENTO, IL DANZATORE ASSUME IN GENERE CARATTERI SOVRUMANI.
RADICI ED I KAI DELLA MUOVA GUINEA MINAVANO QUELLA DEI FRUTTI. CIO' CHE NOI TROVIAMO PIÙ' SPESSO , E CHE RISULTA D'ALTRA PARTE PIÙ' CONFORME AL PENSIERO PRIMITIVO, E' L'IDENTIFICARSI DEL DANZATORE NON COL SOGGETTO MA CON L'OGGETTO DELL'ATTIVITÀ' AGRICOLA. UNO DEI MOTIVI FAVORITI LO PRESENTA LA DANZA SALTATA: TANTO PIÙ' ALTO SARA' IL SALTO TANTO PIÙ' ALTO CRESCERÀ' IL GRANO. QUESTA CONCEZIONE SI RISCONTRA ANCHE NELLE TRADIZIONI RIGUARDANTI LA SEMINA IN GERMANIA, IN INGHILTERRA, BOEMIA E BULGARIA. UNA CONCEZIONE SIMILE ESISTE SIA NELL'ANTICO MESSICO SIA PRESSO I KURNAI, POPOLO DELL'AUSTRALIA SUD ORIENTALE, NELLE CUI DANZE SI SOLLEVANO IN ALTO I BAMBINI PER FARLI CRESCERE. ANCHE IL PASSO LUNGO SEMBRA UN MOTIVO PER FAVORIRE LA CRESCITA. NEL LANGAUS DELLE CERIMONIE NUZIALI DEL BADEM, ANCORA FINO A QUALCHE TEMPO FA VENIVANO ESEGUITI PASSI COSI' LUNGHI CHE I DANZATORI QUASI VOLAVANO. PERCIÒ' E' INDUBBIO CHE IL RARO MOTIVO DELLA DANZA DEI TRAMPOLI, LE CUI TRACCE SI RITROVANO ANCORA NEI GIOCHI DEI NOSTRI BAMBINI, ABBIA COME FINE LA FERTILITA'. ESEMPI DI QUESTA DANZA SONO RISCONTRABILI IN AFRICA, PRESSO I NEGRI DEL CAMEUN OCCIDENTALE, E PRESSO GLI AKAMBA OCCIDENTALI E I MAKONDE;  E NEI MARI DEL SUD PRESSO I MAORI DELLA NUOVA ZELANDA, ALTRI NEL GIAPPONE ODIERNO E NEI SATIRI E FAUNI DEL DRAMMA GRECO. IN GIAPPONE QUESTA DANZA, COME QUELLA DEI SALTI DELL'INDONESI , FA PARTE DI CERIMONIE CAMPESTRI, E ANCHE NEGLI ALTRI CASI A NOSTRA CONOSCENZA,L'IDEA DI FERTILITA' E' SEMPRE PRESENTE, COME NELLE FESTE DEL PLENILUNIO E DEI MORTI NEL CAMERUN, NELLE CERIMONIE DI INIZIAZIONE DEGLI ADOLESCENTI PRESSO I MAKONDE. QUANTO ALLE DANZE DEI SATIRI, IL LORO SIGNIFICATO E' EVIDENTE.


BRANI TRATTI DA " LETTERE DALLA DANZA " DI ISADORA DUNCAN


L'odierna scuola di balletto, lottando inutilmente contro le leggi naturali della gravità ed operando in disaccordo contro le leggi naturali della gravità ed operRANDO IN DISACCORDO CON LA
NATURA, PRODUCE MOVIMENTI STERILI.
A TUTTI COLORO CHE APPREZZANO QUESTI MOVIMENTI IO DICO: "SOTTO
LE MAGLIE E SOTTO I TUTÙ' DANZANO MUSCOLI DEFORMATI, E SOTTO
ANCORA OSSA DEFORMATE, UNO SCHELETRO DEFORMATO STA DANZANDO
DIFRONTE A VOI.
IL BALLETTO SI CONDANNA DA SOLO PERCHE' IMPONE LA DEFORMAZIONE
DEL CORPO MERAVIGLIOSO DELLA DONNA. NESSUNA RAGIONE STORICA O
COREOGRAFICA PUÒ' AVERE LA MEGLIO SU QUESTO ARGOMENTO.
LA VERA DANZA E' APPROPIATA ALLE FORME UMANE, MENTRE LA FALSA
DANZA E' QUELLA CHE SI ADATTA AD UN CORPO DEFORMATO.
DISEGNATEMI LA FORMA DELLA DONNA COME E' IN NATURA E POI
DISEGNATEMI UNA DONNA CHE INDOSSA UN MODERNO CORSETTO E LE
SCARPETTE DI RASO USATE DALLE nOSTRE DANZATRICI. PER LA PRIMA
FIGURA SAREBBERO POSSIBILI TUTTI I MOVIMENTI CHE PERCORRONO LA
NATURA, TROVEREBBERO IN LEI IL TRAMITE NATURALE PER LA LORO
ESPRESSIONE. ALLA SECONDA FIGURA QUESTI MOVIMENTI SAREBBERO
IMPOSSIBILI E DOVREBBERO ALLORA PROCEDERE PER LINEE GEOMETRICHE
PRESTABILITE BASATE SU LINEE RETTE. ESATTAMENTE QUELLO CHE HA
FATTO LA SCUOLA DI DANZA ODIERNA.
LA DANZA E' COSTITUITA DA CENTINAIA DI PASSI CHE SONO STATI
SCRITTI NEI LIBRI DOVE CI SONO TUTTE LE REGOLE DEI MAESTRI DI
BALLO, MA LA DANZA NON CONSISTE IN QUESTO: LA DANZA E'
COSTITUITA DAI MOVIMENTI DEL CORPO UMANO IN ARMONIA CON QUELLI
DELLA NATURA, E SE LA DANZA NON SI ACCORDA CON QUESTI E' FALSA.
UNA COMPOSIZIONE DI PASSI ARBITRARI E DERIVATI DA COMBINAZIONI
MECCANICHE NON PUÒ' PRETENDERE DI COSTITUIRE UN'ARTE.
UN BAMBINO INTELLIGENTE RIMANE SBALORDITO NEL VEDERE COME NELLE
SCUOLE DI BALLETTO SI INSEGNINO MOVIMENTI CONTRARI A TUTTI
QUELLI CHE EGLI FAREBBE SPONTANEAMENTE.
MI SEMBRA CRIMINALE AFFIDARE DEI BAMBINI A QUESTO ADDESTRAMENTO
TANTO DANNOSO.
FATE CHE IL BAMBINO DANZI COME UN BAMBINO!
SEDUTA SULLA SPIAGGIA GUARDO LA MIA PICCOLA NIPOTINA DANZARE
DAVANTI ALLE ONDE DEL MARE. CONTEMPLO A LUNGO LA VASTA DISTESA
D'ACQUA CHE SI AGITA E CHE SCORRE VIA ETERNAMENTE, ONDA DOPO
ONDA, SOLLEVANDO LA SPUMA BIANCA. A LUNGO RIMANGO IN
CONTEMPLAZIONE E MI SEMBRA CHE LA SUA DANZA IN RIVA AL MARE
RACCHIUDA, IN PICCOLO, L'INTERO PROBLEMA A CUI STO LAVORANDO.
DANZA PERCHE' DAVANTI AI SUOI OCCHI DANZANO LE ONDE, PERCHE'
DANZANO I VENTI E PERCHE' PUÒ' COGLIERE IL RITMO DELLA DANZA IN
TUTTA LA NATURA.
QUANDO AVEVO 15 ANNI E MI RESI CONTO CHE NESSUN INSEGNANTE MI

AVREBBE POTUTO AIUTARE NEL MIO DESIDERIO DI DIVENTARE UNA
DANZATRICE, MI DIEDI ALLO STUDIO DELLA NATURA COME AVEVO VISTO
FARE DA TUTTI GLI ALTRI ARTISTI ECCETTO I DANZATORI; E STUDIAI
PER LE MIE DANZE IL MOVIMENTO DEI FIORI QUANDO SI SCHIUDONO, IL
VOLO DELLE API E L'ELEGANZA DELIZIOSA DELLE COLOMBE E DEGLI
ALTRI UCCELLI. HO LETTO DELLA DANZA DEGLI ELEFANTI ALLA LUCE
DELLA LUNA, QUANDO SOLLEVANO MAESTOSAMENTE LE LORO PROBOSCIdI.
LA MIA INTENZIONE E' QUELLA DI FONDARE UNA SCUOLA IN CUI NON
INSEGNERÒ' ALLE BAMBINE AD IMITARE I MIEI MOVIMENTI, MA
A TROVARE I PROPRI. LA MIA SCUOLA IN NESSUN MODO SARA' LA COPIA
DELLA MIA DANZA, MA LO STUDIO DELLA DANZA COME ARTE.
STUDIATE IL MOVIMENTO DELLA TERRA, IL MOVIMENTO DELLE PIANTE,
DEGLI ALBERI, IL MOVIMENTO DEI VENTI E DELLE ONDE E TROVERETE
CHE OGNI COSA NATURALE AGISCE NELL'AMBITO DI UN'ESPRESSIONE
ARMONIOSA.
IL MOVIMENTO DELLE NUVOLE, DEL VENTO, DELL'ONDEGGIARE DEGLI
ALBERI, IL VOLO DEGLI UCCELLI, IL FREMERE DELLE FOGLIE,
ACQUISTANO UN SIGNIFICATO PARTICOLARE PER LE MIE ALLIEVE CHE
IMPARARONO AD OSSERVARE LA QUALITÀ' PARTICOLARE DI OGNI
MOVIMENTO. SVILUPPANO UNA SENSIBILITÀ' CHE LE RENDE CAPACI DI
COMPRENDERE QUESTI MOVIMENTI.
QUANTE VOLTE RITORNANDO DA QUESTI STUDI E RIENTRANDO IN AULA,
LE ALLIEVE HANNO SENTITO UNO STIMOLO IRRESISTIBILE AD ESPRIMERE
CON IL LORO CORPO I MOVIMENTI CHE AVEVANO APPENA OSSERVATO.
COL TEMPO ARIVERHANNO A COMPORRE LE LORO DANZE. MA ANCHE
DANZANDO INSIEME, OGNUNA CONSERVERÀ' LA PROPRIA INDIVIDUALITÀ'
CREATIVA, PUR ESSENDO SOTTO L'ISPIRAZIONE DI TUTTO IL GRUPPO.
TUTTE LE PARTI INSIEME COMPORRANNO UN'UNICA ARMONIA CHE FARÀ'
RIVIVERE LA BELLEZZA DEL CORO DRAMMATICO, IL CORO DELLA
TRAGEDIA.
NEGLI ANTICHI MITI GRECI GIOVE APPARE A SEHELE COME LUCE, A
DANAE SOTTOFORMA DI UNA NEBBIA D'ORO, AD EUROPA IN FORMA DI
TORO E A LEDA COME CIGNO BIANCO. QUESTA E' LA VERA DANZA,
QUELL'ELEMENTO CHE S'IDENTIFICA CON OGNI PARTE DELLA NATURA E
DIVENTA, DI VOLTA IN VOLTA, UNA NUVOLA, UNA NEBBIA, UN FUOCO,
UN TORO O UN CIGNO BIANCO.
AL RITMO DELLE PAROLE DEL CORO GRECO SI DANZA FACILMENTE.
IL RITMO DEL CORPO UMANO E IL RITMO DELLA MUSICA CONTEMPORANEA
SONO IN COMPLETO DISACCORDO. ANCHE IL GESTO PIÙ' SEMPLICE NON RIESCE A TROVARE IN QUESTE NOTE UNA LINEA DA SEGUIRE..
INSEGNANDO AGLI ALLIEVI IL SIGNIFICATO DI UNA POESIA, CHE RITENEVO OGNI BAMBINO POTESSE CAPIRE E IMPARARE A MEMORIA, DOMANDAVO QUALCOSA SUL SIGNIFICATO DEI VERSI, LA RISPOSTA ERA UNA CONFUSIONE DI PAROLE. aLLORANPRENDEVO LA STESSA POESIA ED INSEGNAVO AI FANCIULLI A TRADURLA IN MOVIMENTO E DANZARLA E VEDEVO CHE ATTRAVERSO IL MOVIMENTO AVEVANO REALMENTE COMPRESO CIO' CHE ERA RIUSCITO INCOMPRENSIBILE.





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