venerdì 28 gennaio 2011

RE NUDO di ALESSANDRO GARZELLA

martedì 20 luglio 2010


Re Nudo, fra visionarietà e apocalisse



Re Nudo- studio per la messa in scena di una favola sull'inganno-Cascina La Città del Teatro



di renzia d’incà





Non scomoderò né Guy Debord, né Michel Foucault o il Derrida, maestri di pensiero sulla fine del moderno e fautori di quel movimento che con Debord sfociò nel “situazionismo” alla fine degli anni Sessanta, ma Umberto Eco con la sua lucida indagine sul sistema della comunicazione di massa è senz'altro una delle fonti di riferimento di questo nuovo complesso allestimento di "Re Nudo", liberamente ispirato all'Andersen de "I vestiti nuovi dell'imperatore" e a "1984" di George Orwell. Il lavoro è scritto e diretto da Alessandro Garzella. Non so se il regista abbia anche attinto dal bel video della citatissima Lorella Zanardo "Il corpo delle donne" ma molto si trova sulla mercificazione - reificazione del corpo femminile anche nel pensiero che sta dietro la messa in scena di questo spettcolo.

A me è sembrato che Garzella, direttore artistico di un Teatro quale La Città del Teatro di Cascina, che non a caso ha presentato per la prima volta la sua fatica dentro il festival Metamorfosi- Teatro politico (Cascina 2-5 giugno)stia, e come sempre, provando a provocare, insidiare, lordare, anche sì, quel mondo piccolo-borghese, di benpensanti ma anche di certe anime belle della sinistra, con lo scopo di scuotere le coscienze instupidite dal bombardamento mediatico che da decenni logora la capacità critica.Mi è sembrato cioè uno spettacolo che vuole arrivare al pubblico come un gancio al mento o una pugnalata nella pancia.

E'una messinscena che si presenta come una macchina complessa, composita e disarticolata, si fa fatica a seguirne una traccia e una volta convinti di averla trovata ci si perde di nuovo. Come nell'operazione di zapping quando si saltella da un canale all'altro, da un frames a un altro, la realtà e il suo senso sono sbriciolate da parole svuotate di significato, una sorta di marmellata sonora e visiva in cui balbettii e strepiti si succedono sullo sfondo di un bombardamento linguistico lessicale visivo e sonoro straniante e azzerante la capacità di lettura.

C'é una scatola spazio-scenico (organica al potere?) che è la realtà-mondo col suo Re, c'è un velo a dividere le due compagini di pubblico spettatore, di qua e di là, dentro si assiste all'agitarsi meccanico quasi schizzato di figurette–manichini che mi hanno fatto pensare a Kantor (maestro e mentore del regista), azionati da voci e video-TV, tonnellate di immagini sono proiettate sullo sfondo, in prevalenza scene di guerra, torture, eventi legati alle vicende di dittature del secolo passato.

Sulla linea di altri lavori più recenti, abbandonando una linea che ricorreva di più al satirico-grottesco e acquistando in cupezza e forse pessimismo cosmico, il regista e autore della drammaturgia(che tra l'altro è anche assai noto per il lavoro che da molti anni svolge col disagio psichiatrico) nel suo Re Nudo invia un delirante assemblaggio di materiali sia drammaturgici che visivi e sceglie di raccontarlo attraverso le immagini dell'Istituto Luce, il bianco-nero sullo sfondo dei nazismi Novecenteschi come metafora di ciò che avviene nella contemporaneità all'interno della scatola dove le azioni fisiche delle marionette-attori e loro non-dialoghi riportano al ripugnante eppure imperante sistema massmediatico della TV e dei suoi protagonisti, eroi del proprio quarto d'ora di celebrità.

Apparentemente non è facile ricostruire la trama drammaturgica. Ma alla fine questo conta poco. Sono più forti le impressioni visive e sonore, più rumori che suoni più azioni confuse corali o singole che fanno dell'operazione registica sugli attori un effetto di spiazzamento. Tutto è come disarticolato, franto, intermittente

Dentro la gabbia si assiste a una riproposizione- quasi sempre odiosa, di giovani donne e uomini funzionali ad esibirsi come corpi, come icone inneggianti al Totem- Re, cortigiani e cortigiane del potente.

Re Nudo è un urlo di dolore contro la società dello spettacolo.

Fra l’installazione visiva e la esacerbata critica politico-sociale. Fra visionarietà e apocalisse. Con gli attori Fabrizio Cassanelli, Irene Catuogno, Ivano Liberati, Francesca Mainetti, Chiara Pistoia, Francesca Pompeo, Marco Selmi, Anna Teotti.



Renzia D’Incà



Pubblicato da Renzia D'incà a 13.15 0 commenti





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