domenica 12 dicembre 2010

LUCIGNOLO- Compagnia Fortebraccio

In Foto: Roberto Latini

Dal Festival Inequilibrio ad ARMUNIA- Castello Pasquini Castiglioncello 17-21 novembre


NOOSFERA LUCIGNOLO di e con Roberto Latini Compagnia Fortebraccio Teatro
Visto a Castiglioncello- Festival Inequilibrio Fondazione ARMUNIA







Castiglioncello.Uno dei lavori più interessanti e di enorme impatto emozionale della stagione in corso è Noosfera Lucignolo, un monologo scritto e interpretato da uno degli attori più dotati della sua generazione, Roberto Latini che in una prova da performer ha realizzato, anche drammaturgicamente, un piccolo manuale di senso sulla situazione esistenziale dei trentenni e quarantenni di questo ingrato Paese in cui viviamo. Prendendo a metafora il personaggio Lucignolo, un adolescente parecchio cresciutello in parrucca bionda molto cool ma in abiti cenciosi e impolverati, Latini impasta una monologo ispirato a Pinocchio concentrandosi sulla figura di Lucignolo, un Lucignolo sbandato ma profondamente irretito da una insana angoscia di morte. Il Paese del Balocchi che vorrebbe raggiungere è una meta imprecisata, irraggiungibile, non alla sua portata anche se è quello il Paese che il Potere ci propina come luogo di realizzazione dei più imprecisati desideri- la nostra Italia che sprofonda nel Basso Impero, la fine della seconda Repubblica?. La scena è vuota, un rettangolo bianco disegnato sulla scena, una sedia, un fondale completamente bianco, un cappio che scende dall'alto sopra la testa del protagonista: "Cosa accadrebbe se in un Paese che ... c'era una volta e c'è ancora..." così esordisce Latini. Uno spazio prigione, senza speranza, senza futuro ma denso di una tensione esemplare verso il raggiungimento dell'albero della cuccagna, quell'albero fiorito di doni che la società dello spettacolo consumistico ha inculcato alle nuove generazioni. L'illusione-disillusione del protagonista teso in uno spasmo fra l'andare verso e l'essere estromesso, cacciato rifiutato è rappresentata attraverso una gestualità spezzata, franta, costretta nello spazio fra la sedia e il quadrato bianco tracciato sulla scena, da una recitazione irta di risate isteriche, azioni accennate e bloccate in un nevrotico su e giù avanti e indietro nell'interrogarsi sul destino appoggiandosi a frasi sconnesse " l'immondo mondo, lo strazio di questo spazio", sottolineate da musiche originali e soprattutto suoni elettronici di Gianluca Misiti e le luci di Max Mugnai. La trasformazione in ciuco avverrà, ma avviene  nel passaggio  ambiguo disegnato dalla metafora dello strangolamento, in un passaggio dalla vita alla morte in cui il cappio sinistramente si abbassa sulla seggiola, vuota. La luce si spegne per riaccendersi su un livido neon. Il ciuco-attore però non trapassa nel Paese del Balocchi ma in una dimensione in bilico fra la premorte o il passaggio fra la vita uterina e l'espulsione dal corpo della madre.

La scena-stanza si riempie d'acqua, Latini si spoglia, ci sprofonda, non riesca più ad uscirne. L'atmosfera si fa sempre più inquietante nella sua sottilissima trama metaforica mentre l'attore ci offre una scena da performer memorabile punteggiata dalla macchina sonora abilmente tracciata dal tecnico del suono e compositore.



Il senso dell'intrappolamento è potente, il disagio dell'attore-Lucignolo è il disagio di un intero mondo che si interroga sul destino dei propri figli, sospesi fra un essere nati e un essere morti.  Fra un non essere nati e un quasi essere morti. Peccato che in mezzo non solo non ci sia il promesso Paese di Balocchi, ma neanche la vita.

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