venerdì 19 novembre 2010

LUCA RONCONI AL TEATRO ERA

Pontedera-Teatro Era

Sabato scorso, in un luogo di impegno, di risorse intellettuali e creative internazionali, di ipotesi di rigenerazione, anche per trasmissione di saperi ed esperienze- si materializza il regista cult, l'europeo Luca Ronconi. Di fatto Luca, è l'unico regista che abbia, da decenni, fama della nostra origine italiana, all'estero. Almeno in campo teatrale.
E' presentato da Federico Tiezzi. Che lo introduce citando il Forster di Casa Howard- rimando nel rimando còlto dal collega Gianfranco Capitta, anche coordinatore della serata- "only connected". Only connected? di che? bè, ovvio agli addetti ai lavori:di architettura, musica, danza..
Nel 1976-78, a Prato, Luca Ronconi crea il Laboratorio del Fabbricone -in assoluta e totale libertà espressiva che- dice-segnò l'inizio per la scena, di una rielaborazione dopo Copeau, con la Sant'Uliva e dopo gli esperimenti fiorentini di quel genio di Gordon Craig, con il The Mask.
Dice Capitta- Ronconi ha fatto di Prato una capitale del teatro d'avanguardia. Inventore e protagonista insieme, Ronconi negli anni Settanta già lavorava a Vienna come a Zurigo, riconosciutocome maestro di teatro internazionale. In Italia aveva avuto la sua consacrazione con Orlando furioso, ma dopo la chiusura del laboratorio a Prato aveva lasciato il Belpaese per altri lidi.
Ronconi-continua Capitta- arriva in Toscana e fonda un progetto pedagogico unico e straordinario facendo di Prato una capitale europea di teatro.
- L'idea- ribatte Luca- non è nata da me ma dalla città di Prato. Io allora ero direttore artistico della Biennale di Venezia dove avevo portato Grotowski, Bob Wilson(una esperienza fondamentale del secolo passato, anche per il teatro musicale, Mnukine, Peter Brook...e ho scatenato molti mugugni.
-Eri stato insegnante in Accademia Silvio D'Amico negli anni Settanta.
-Sì, venivo da Roma.La sala del Metastasio raccoglieva molto pubblico della Pergola (alluvionata nel '66.
-Luca, tu non amavi gli attori che si distraevano-a Roma molti facevano anche telvisione, tu hai anche insegnato in Accademia Drammatica dopo il diploma
-Per me è essenziale la disciplina: a Prato gli attori facevano solo il lavoro di Laboratorio. Io volevo allora e tuttora voglio pensare ad un attore come elemento fondamentale della drammaturgia. Un attore deve saper leggere un testo. Un attore è un co-autore. Puntare al lavoro di conoscenza anche nell'errore. Marisa Fabbri è stata un esempio molto ben riuscito del mio Laboratorio. A Prato abbiamo avuto maestri come Luigi Nono, Umberto Eco,Gae Aulenti, anche se alcuni ci hanno rotto le scatole con "l'interdisciplinarietà"
-Il teatro è una categoria o una pratica?
-L'interdisciplinarietà allora dava fastidio, c'era chi si chiedeva:"che cosa ci può essere di profondamente teatrale in altre arti?". Di ciò se ne occupava allora Dacia Maraini, che aveva fondato a Prato il laboratorio sul Linguaggio, cioè come usare'esperienza teatrale come una possibile forma di conoscenza. Noi specificavamo il senso del fare laboratorio nel senso di un "luogo dove l'artigiano esercita il suo lavoro". Niente di teorico, quindi. Lavorare su un testo e moltiplicare le possibili letture è stato un must.
- In quegli anni fortunati in cui erancora possibile capire( l'interferenza politica poi è diventata più forte)fino a che punto si poteva spingere il teatro rispetto agli spettatori..
-E' stato un periodo felice perchè non era ancora codificato. E' stato una cosa nuova perchè era avvertito come necessario. Come non ancora nominato.
I rapporti con la città non furono sempre idilliaci. C'era un equivoco di fondo. Io sapevo cosa potevo fare. Loro, i politici, avrebbero desiderato più un servizio che un valore.Ci hanno accusato di sperpero di pubblico denaro.Era allora in corso un conflitto fra PSI e PCI. Noi prendevamo il minimo sindacali di allora (oltre che essere obbligati alla residenza). Veniva finanziata una attività teatrale che faceva pochissime repliche e non era un prodotto commerciale. Per qualche anno Prato è stata messa accanto alle più importanti città teatrali europee di teatro...
Attualmente dirigo la scuola del Piccolo a Milano anche se non sono un didatta. Non ho un mio metodo. L'obiettivo che mi prefiggo è di lavorare per far stare bene gòi attori. Il nostro lavoro può essere salvifico o patogeno. Mi spiego: l'Accademia di Roma accoglie ogni anno 30-35 ventenni che decidono di voler fare gli attori. A Prato non è stato così. Erano tutti attori già formati. Marisa Fabbri è stata una attrice strepitosa!
Oggi si stanno molto diversificando le categorie attoriali. In Accademia c'era un modo solo, quello di Orazio Costa o Sergio Tofano. Oggi non è più così. Ci sono attori in formazione che vogliono fare TV. Altri cinema.
-Una ricetta per attori e registi, oggi?
- Chiedersi quale futuro teatrale voglio? Elaborare possibilità future e non applicare codici già esauriti. Inventare qualcosa di necessario.

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